Geopolitica: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua|la rivista|Geopolitica (rivista 1939)}}
[[File:Pivot area.png|miniatura|[[Planisfero]] terrestre con l'[[The Geographical Pivot of History|area pivot]] descritta da [[Halford Mackinder]].|340x340px]]
La '''geopolitica''' (da non confondersi con la [[geografia politica]] e con la [[politica internazionale]]) indica sia una corrente di pensiero che un approccio politico/ideologico che mirano a studiare le relazioni tra la [[geografia fisica]], la [[geografia umana]] e l'azione [[politica]]. Ancorché si tratti di una corrente di pensiero piuttosto popolare, manca ancora di una definizione univoca e condivisa. La grande notorietà di questa disciplina deriva dalla capacità attribuitale di predire l'azione politica (e quindi gli eventi futuri) tramite l'analisi del contesto spaziale (da intendersi in senso non meramente geografico, ma anche
La collocazione scientifica della geopolitica comincia con la [[geografia]], essendo geografi i suoi primi più importanti sviluppatori. Si è poi estesa ampliandosi man mano a discipline come [[geografia politica]] e [[politica internazionale]] vista in connubio con lo studio degli aspetti specifici della geografia (fisica e politica), il che riguarda l'ambito dello studio dei rapporti internazionali in chiave geografica, fino ad interpretarla come mero studio delle tendenze espansive di Stati e nazioni.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/geopolitica|titolo=geopolitica nell'Enciclopedia Treccani|lingua=it|accesso=19 febbraio 2022}}</ref> Ad oggi tale disciplina, lontana dalle tendenze [[Determinismo geografico|deterministiche]] con cui si era affermata tra le due guerre, rivaluta l'attitudine a sviluppare i rapporti tra geografia (analisi delle posizioni spaziali degli Stati e accessibilità a risorse, mercati, vie marittime e terrestri) e studio delle [[relazioni internazionali]], unitamente allo sviluppo di temi e di numerose altre questioni che riguardano il rapporto degli stati con i più complessi fenomeni dati dal contesto del mondo globale.
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Le egemonie economiche del Regno Unito nell'Ottocento, poi degli Stati Uniti globali dopo il 1945, hanno condotto al dominio dell'inglese, fino a minacciare sempre di più, prima le funzioni nobili (scienza, ricerca, insegnamento superiore, cultura, ecc.) poi, secondo il linguista finlandese Tove Skuttnab-Kangas<ref>{{Cita libro|autore=Tove Skutnabb-Kangas|autore2=Robert Phillipson|titolo=Linguistic Human Rights: Overcoming Linguistic Discrimination|anno=1994|editore=De Gruyter Mouton|città=Berlino - New York|doi=10.1515/9783110866391}}</ref>, l'esistenza stessa di un numero elevatissimo di altre lingue nel breve, nel medio e nel lungo termine, a seconda della loro estensione.
La lingua è anche una questione cruciale per le relazioni tra Stati con la costituzione di blocchi linguistici intercontinentali, come l'[[Organizzazione internazionale della francofonia|Organizzazione internazionale della Francofonia]] (OIF), la [[Comunità dei Paesi di lingua portoghese|Comunità dei paesi di lingua portoghese]] (CPLP), l'[[Unione latina]],
In un contesto di globalizzazione e di crescente egemonia linguistica in cui l'uso di Internet si sta sempre più diffondendo, ci si può interrogare sulla sostenibilità di un numero crescente di lingue. Tuttavia, l'attribuzione di un nome a una lingua è una “questione geopolitica” essenziale: così la stessa lingua dal punto di vista linguistico (cioè i cui parlanti si capiscono spontaneamente e completamente, senza dizionario o traduttore) può essere scritta utilizzano alfabeti diversi e/o hanno nomi diversi a seconda del paese (hindi/urdu o croato-bosniaco/montenegrino-serbo per esempio).
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