l'istinto il cui deposito leggiamo, per es., nei Ricordi guicciardiniani. Non da una definizione dottrinaria, ma dalla viva connessione fra i pensieri dedicati alle «cose» dello stato, si ritrae la tesi della «assolutezza» (Sasso 1993)...
morel'istinto il cui deposito leggiamo, per es., nei Ricordi guicciardiniani. Non da una definizione dottrinaria, ma dalla viva connessione fra i pensieri dedicati alle «cose» dello stato, si ritrae la tesi della «assolutezza» (Sasso 1993) della p. in M., nozione più precisa di «autonomia», se quest'ultima postuli, come è inevitabile, un pensato sistema di relazioni (→ Croce, Benedetto). L'uomo di M., cioè l'uomo dello 'Stato', è invece solo con sé stesso, e con la necessità di 'vincere': «e' mezzi sempre fieno iudicati onorevoli, e da ciascuno saranno laudati» (Principe xviii 18). Con questo non si nega che, in alcune pagine dei Discorsi, all'antica Repubblica romana (o meglio: all'antico mondo del paganesimo) si riconosca un culto religioso dell'«onore del mondo» (II ii 27), e quindi una specie di conciliazione fra il «sommo bene», la «mondana gloria» e le «azioni feroci» che la procurano. Ma nell'attualità delle regole, proposte al lettore, non accade che il giudizio di valore morale, in quanto tale, sia da M. piegato all'urgenza della necessità politica: le crudeltà bene usate o male usate. Bene usate si possono chiamare quelle -se del male è lecito dire beneche si fanno a uno tratto per la necessità dello assicurarsi, e di poi non vi si insiste dentro (Principe viii 23-24).