Eccidio di Sabbiuno di Paderno
Eccidio di Sabbiuno di Paderno strage | |
---|---|
Sacrario ai caduti della Resistenza di Monte Sabbiuno (foto di Paolo Monti, 1976) | |
Data inizio | 14 dicembre 1944 |
Data fine | 24 dicembre 1944 |
Luogo | |
Stato | Repubblica Sociale Italiana |
Coordinate | 44°25′16.36″N 11°18′49.08″E |
Obiettivi | Partigiani Popolazione |
Responsabili | Außenkommando SiPo-SD Bologna, SS italiane, Polizia Repubblicana, GNR |
Motivazione | Esecuzione di oppositori politici e partigiani |
Conseguenze | |
Morti | fra 58 e 100 |
L'eccidio di Sabbiuno di Paderno fu l'uccisione, avvenuta il 14 e il 24 dicembre 1944, di quasi un centinaio di partigiani e prigionieri politici da parte delle forze nazifasciste a monte Sabbiuno di Paderno, collina a sud di Bologna.
Contesto storico
[modifica | modifica wikitesto]Nell'agosto del 1944, dopo aver completato la liberazione dell'Italia Centrale, le truppe alleate avevano lanciato l'Operazione Olive per tentare lo sfondamento della Linea Gotica. Le forze della Resistenza presenti a Bologna, incoraggiate dai successi dell'esercito alleato, si preparavano all'insurrezione in appoggio allo sfondamento del fronte, allora ritenuto imminente. A questo scopo, fra il settembre e l'ottobre 1944, i partigiani avevano stabilito diverse basi operative in città. Il 7 novembre i tedeschi scoprirono e attaccarono una base in via del Macello (zona del Cavaticcio). Si venne ad un durissimo scontro, noto come la battaglia di Porta Lame.
Nel frattempo, a fine ottobre 1944, l'offensiva alleata si era esaurita e nell'inverno fra il 1944 e il 1945, il fronte di guerra si era stabilmente assestato lungo la Linea Gotica sull'Appennino a meno di 20 chilometri da Bologna. Con il proclama Alexander del 13 novembre 1944, il comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo, il feldmaresciallo inglese Harold Alexander, richiedeva alle forze della Resistenza dell'Italia settentrionale la cessazione delle operazioni su vasta scala e l'attestarsi su posizioni difensive.[1]
La stasi dell'avanzamento alleato creò le condizioni adatte per un inasprimento della repressione da parte delle forze fasciste e naziste contro quelle della Resistenza. Nei mesi a seguire, le forze nazifasciste - avvalendosi di spie infiltrate, confessioni estratte sotto tortura e prigionieri usati come esche - procedettero all'uccisione dei partigiani identificati e all'attacco delle basi della Resistenza in città, che culminarono in violenti scontri, fra cui spicca la battaglia della Bolognina del 15 novembre 1944.[2] I partigiani superstiti si videro così costretti ad uscire dalla città e tornare nelle sedi operative della campagna.[3]
I rastrellamenti
[modifica | modifica wikitesto]Il 5 dicembre 1944 i tedeschi e i fascisti - su indicazione di alcune spie infiltrate nelle brigate partigiane - operarono due grandi rastrellamenti ad Anzola Emilia e ad Amola di Piano (San Giovanni in Persiceto), dove avevano le loro basi un distaccamento della 7ª Brigata GAP e reparti SAP della 63ª Brigata "Bolero".[2]
Oltre 200 persone, ma pare addirittura di più,[4] furono dapprima concentrate nelle scuole, nei cinema, nelle caserme e nelle carceri locali, dove vennero sottoposte a interrogatori e non di rado a sevizie da parte delle SS tedesche.[2] Successivamente vennero trasferiti nel carcere di San Giovanni in Monte, dove si trovavano già centinaia di detenuti. Altri ancora si aggiunsero nei giorni successivi.[4] Alcuni rastrellati vennero rilasciati, mentre gli altri prigionieri, ammassati nelle celle sovraffollate e malsane del carcere, vennero sottoposti a ulteriori interrogatori e torture.[3]
L'eccidio
[modifica | modifica wikitesto]Il 14 dicembre 1944 un primo gruppo di prigionieri, comprendente partigiani la cui identità ed attività erano certi, venne prelevato dal carcere e condotto a Sabbiuno di Paderno, collina a sud della città. Qui vennero uccisi in massa a colpi di fucile. Le esecuzioni furono probabilmente affidate alle SS italiane e alle Brigate Nere.[2] Alcuni corpi rotolarono lungo i fianchi della collina verso il Reno.
Il 22 dicembre diversi carcerati vennero deportati nel campo di transito di Bolzano e nel campo di concentramento di Mauthausen. Molti non fecero mai ritorno.[3]
Un terzo gruppo di prigionieri fu prelevato dal carcere di San Giovanni in Monte il 23 dicembre e ucciso a Sabbiuno con le stesse modalità del primo gruppo.
Si stima che furono almeno 58 le persone uccise, ma - date le difficoltà nell'identificare i corpi - non è da escludere che siano avvenute ulteriori fucilazioni anche nei giorni successivi. Nelle esecuzioni vennero fucilate anche persone che non erano direttamente legate alla Resistenza, come il commerciante ebreo Leo Kocker, catturato a Castelfranco Emilia.[2][4]
L'occultamento
[modifica | modifica wikitesto]Fino all'autunno 1944 le fucilazioni di massa di oppositori politici, perpetrate per mano delle Brigate Nere e della Guardia Nazionale Repubblicana, venivano spesso pubblicizzate a scopo intimidatorio attraverso manifesti e pubblicazione sul giornale locale Il Resto del Carlino. Fra l'ottobre e il dicembre 1944, invece, si inaugurò a Bologna e in Romagna una stagione caratterizzata da "eccidi occultati", perpetrati in segreto dall'Außenkommando Bologna del SiPo-SD con specifica volontà di eliminazione e occultamento delle vittime.[5][6]
L'eccidio di Sabbiuno si colloca all'inizio di questa stagione di eccidi occultati: se una lista incompleta di nomi dei fucilati nella prima esecuzione del 14 dicembre 1944 apparve sui muri di Bologna (ma non sui quotidiani), la seconda esecuzione del 23 dicembre non fu invece oggetto di alcuna comunicazione, così come da lì in avanti verranno perpetrate in segreto tutte le esecuzioni avvenute a partire dal 10 febbraio 1945 nei pressi della piccola stazione di San Ruffillo.[6]
La scoperta
[modifica | modifica wikitesto]L'eccidio rimase pressoché sconosciuto per diversi mesi, quando si iniziarono a rinvenire i corpi delle vittime, fucilate e gettate al di sotto del calanco.
In un primo tempo furono identificate 47 salme mentre 8 rimasero senza nome.[2] Successivamente furono rinvenute altre salme isolate nei dintorni, il che suggerisce che le fucilazioni siano proseguite anche dopo dicembre.[3]
Le vittime
[modifica | modifica wikitesto]La precisa identificazione del numero e dell'identità delle vittime dell'eccidio è resa difficile dalle contraddizioni presenti nelle poche fonti disponibili, nonché dalla difficoltà nell'individuare e identificare le salme. Segue la lista delle vittime registrate alla Certosa di Bologna come provenienti da Sabbiuno o registrate come tali all'anagrafe del Comune di Bologna e di quelle desunte dal registro dei carcerati della Casa circondariale di Bologna.[7][8][9]
|
Indagini giudiziarie
[modifica | modifica wikitesto]Le responsabilità dell'eccidio non vennero mai chiaramente appurate e assai pochi furono i procedimenti giudiziari al riguardo. A conclusione del conflitto, vennero rinviati a giudizio per responsabilità nell'eccidio Bruno Monti, all'epoca dei fatti tenente della GNR addetto all'Ufficio Politico Investigativo (UPI) dell'Ispettorato Provinciale e poi Regionale; e Agostino Fortunati, giudice del tribunale provinciale straordinario fascista, capo dell'ufficio politico del Partito Fascista Repubblicano di Bologna, ufficiale superiore della polizia ausiliaria e capo dell'ufficio politico della Questura di Bologna.
Bruno Monti fu accusato di aver coadiuvato nel dicembre 1944 il comando SS di Bologna nella scelta di 35 prigionieri tra i detenuti politici incarcerati a San Giovanni in Monte destinati in parte alla deportazione, in parte fucilati il 14 dicembre 1944 a Sabbiuno di Paderno. La Corte d'appello penale di Bologna lo ritenne responsabile degli arresti e lo condannò a morte mediante fucilazione. La Cassazione, con sentenza del 31 maggio 1946 annullò la sentenza, rinviando la causa alla Sezione Speciale della Corte d'assise di Modena, che con sentenza del 12 marzo 1947 commutò la pena di morte in ergastolo. Il reato fu poi dichiarato estinto per amnistia.[11]
Agostino Fortunati fu accusato e confessò l'arresto nel novembre 1944 del partigiano Aroldo Cristofori e di averlo consegnato al Comando SS tedesco. La Corte d'appello penale di Bologna lo riconobbe colpevole di questo ed altri reati e lo condannò a morte mediante fucilazione. La Cassazione, con sentenza del 29 gennaio 1947, annullò la sentenza di condanna e rinviò alla Sezione Speciale della Corte d'Assise di Modena.[11] Il reato fu poi dichiarato estinto per amnistia.
Commemorazione
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1946, in accordo tra diversi Comuni del bolognese, venne istituito il Comitato per le onoranze ai Caduti di Sabbiuno, incaricato di mantenere vivo il ricordo dell'eccidio e di occuparsi della gestione del cippo funerario posto a commemorazione delle vittime.[12]
Sul luogo dell'eccidio è stato realizzato nel 1974 un monumento memoriale, presso il quale si tiene ogni anno una commemorazione ufficiale in memoria dei caduti.[13] A fianco del monumento, in un edificio rurale ristrutturato, si trova uno spazio dedicato a una mostra fotografica e ad attività didattiche sulla memoria.[14]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Roberto Battaglia, Storia della resistenza italiana, 8 settembre 1943-25 aprile 1945, su books.google.it, Giulio Einaudi, 1964, p. 433. URL consultato il 15 gennaio 2021.
- ^ a b c d e f Alberto Preti, Sabbiuno di Paderno. Dicembre 1944 (PDF), Bologna, University Press Bologna, 1994.
- ^ a b c d Il Monumento di Sabbiuno - Storia, su iperbole.bologna.it. URL consultato il 26 marzo 2021.
- ^ a b c Eccidio di Sabbiuno del Monte di Paderno (Bologna), su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 26 marzo 2021.
- ^ Andrea Ferrari e Paolo Nannetti, Le fucilazioni in massa di detenuti politici a Bologna negli ultimi mesi di occupazione tedesca, su storiedimenticate.wordpress.com, 22 gennaio 2013. URL consultato il 21 febbraio 2016.
- ^ a b Le fucilazioni, su Ci portano via. Da Bologna ai lager del terzo Reich. URL consultato il 25 febbraio 2016.
- ^ Il Monumento di Sabbiuno - Biografie dei caduti, su iperbole.bologna.it. URL consultato l'8 dicembre 2020.
- ^ Le fucilazioni a Sabbiuno di Paderno, su Ci portano via. Da Bologna ai lager del Terzo Reich. URL consultato l'8 dicembre 2020.
- ^ Eccidio di Sabbiuno del Monte di Paderno (Bologna), su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 15 gennaio 2021.
- ^ Alcune fonti indicano come data di morte il 14 novembre. Si tratta di un evidente errore di trascrizione, come spiegato in PIAZZI ADELMO, su Ci portano via. Da Bologna ai lager del Terzo Reich. URL consultato il 15 gennaio 2021.
- ^ a b Toni Rovatti, Scheda: SABBIUNO DI PADERNO, BOLOGNA, 23.12.1944, su Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia, 11 maggio 2017. URL consultato il 14 febbraio 2021.
- ^ Comitato per le onoranze ai Caduti di Sabbiuno, su cittadegliarchivi.it. URL consultato il 24 febbraio 2022.
- ^ Il Monumento di Monte Sabbiuno - Archivio Commemorazioni, su iperbole.bologna.it. URL consultato il 24 febbraio 2022.
- ^ Memoriale di Sabbiuno, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 24 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2022).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Comune di Bologna, Quartiere Colli, Monumento ai 100 partigiani che furono fucilati a Sabbiuno nei giorni dal 14 al 23 dic. 1944, Bologna, Poligrafici L. Parma, 1975.
- Alberto Preti, Sabbiuno di Paderno. Dicembre 1944, Bologna, University Press Bologna, 1994.
- Alberto Preti, Sabbiuno, dicembre 1944 i rastrellamenti, gli arresti, le fucilazioni, in I Quaderni di Resistenza oggi, vol. 5 di Resistenza oggi (supplemento), 2004.
- Andrea Ferrari e Paolo Nannetti, Per una storia degli eccidi di San Giovanni in Monte. Le fucilazioni di massa di detenuti politici a Bologna negli ultimi mesi di occupazione tedesca, in Resistenza oggi, n. 4, 2003.
- Carlo Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia: 1943-1945, Torino, Einaudi, 2015.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Eccidio di Sabbiuno di Paderno, in Storia e Memoria di Bologna, Comune di Bologna.