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Gli zoccoli d'oro

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Gli zoccoli d'oro
Titolo originaleصفايح ذهب
Ṣafāʾiḥ min dhahab
Lingua originalearabo tunisino
Paese di produzioneTunisia, Francia
Anno1989
Durata104 min
Generedrammatico
RegiaNouri Bouzid
SceneggiaturaNouri Bouzid
ProduttoreAhmed Baha Attia, Hassen Daldoul
Casa di produzioneCinétéléfilms, France Média
Distribuzione in italianoIstituto Luce-Italnoleggio Cinematografico
FotografiaYoussef Ben Youssef
MontaggioKahena Attia
MusicheAnouar Brahem
ScenografiaKhaled Joulak
Interpreti e personaggi

Gli zoccoli d'oro (in arabo صفايح ذهب?, Ṣafāʾiḥ min dhahab; in francese Les Sabots en or) è un film del 1989 scritto e diretto da Nouri Bouzid.[1]

L'intellettuale quarantacinquenne Youssef, oppositore di sinistra del regime, viene rilasciato dopo molti anni di detenzione, profondamente segnato dalle torture subite. Tornato a casa, scopre che la moglie, Fatma, che in gioventù aveva lasciato per la borghese ed emancipata Zineb, è morta, mentre i suoi tre figli, il cui maggiore aspira solo a emigrare in Francia per studiare medicina, lo considerano alla stregua di un estraneo. Nella notte dell'ʿāšūrāʾ, Youssef vaga senza meta tra luoghi e ricordi del suo passato, politico e personale, mentre gli entusiasmi ideologici che avevano animato la gioventù tunisina negli anni sessanta appaiono sconfitti su tutta la linea, soppiantati da un montante integralismo islamico rappresentato dal fratello di Youssef, Abdullah. Anche Zineb lo delude, dimostrandosi un'opportunista. L'unico ad essere rimasto com'era è il vecchio tessitore Sghaier, suo ex compagno di leva, che guarda ancora a Youssef come una guida. Tuttavia, egli è ormai completamente disilluso: «politica e religione non ammettono dubbi, e io invece voglio dubitare e voglio sognare», dirà a se stesso in una scena.[2] La visione di un magnifico cavallo bianco che il fratello sta conducendo al mattatoio lo spingerà infine al suicidio.

Distribuzione

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Il film è stato presentato in anteprima il 15 maggio 1989 al 42º Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard.[3] Lo stesso anno, alla sua uscita nelle sale cinematografiche tunisine, il film è stato oggetto di censura da parte delle autorità, che hanno tagliato tutte le scene di tortura.[4]

  1. ^ (FR) Hédi Khélil, Nouri Bouzid, in Abécédaire du cinéma tunisien, Tunisi, Simpact, 2007, pp. 49-59, ISBN 978-9973-61-457-5.
  2. ^ Paolo D'Agostini, La rivoluzione è finita, il compagno Youssef non ha più speranza, in La Repubblica, 17 maggio 1989, p. 26. URL consultato il 23 aprile 2023.
  3. ^ Maria Pia Fusco, In arrivo il primo italiano e gli "angeli" di Hudson, in La Repubblica, 14 maggio 1989, p. 24. URL consultato il 23 aprile 2023.
  4. ^ Appello per un film tunisino censurato, in La Repubblica, 20 dicembre 1989, p. 36. URL consultato il 23 aprile 2023.

Collegamenti esterni

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