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Nobiltà italiana

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La nobiltà dell'Italia (detta per sineddoche anche aristocrazia italiana) è la classe sociale aristocratica che si formò nei vari Stati preunitari italiani e che, successivamente, divenne la nobiltà del Regno d'Italia, dal 1861 (proclamazione del Regno d'Italia) al 1946 (nascita della Repubblica Italiana).

Nell'ordinamento repubblicano da allora vigente, le cariche nobiliari non hanno alcuna rilevanza giuridica o istituzionale.

Stati preunitari

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Regno d'Italia

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Lo stemma della monarchia italiana.

Fonte principale del diritto nobiliare del Regno d'Italia è stato l'articolo 79 dello Statuto albertino: «…i titoli di nobiltà sono mantenuti per coloro che vi hanno diritto; il re può conferirne dei nuovi.» (nobiltà per lettere patenti). I provvedimenti nobiliari venivano suddivisi in due categorie: quelli reali (di grazia) e quelli ministeriali (di giustizia). I primi, ovviamente, discrezionali; i secondi dovuti (a norma della prima parte dell'art. 79 dello Statuto). Un titolo nobiliare era da considerare "esistente" indipendentemente dal "riconoscimento" amministrativo o giurisdizionale, che aveva solo una funzione di accertamento, peraltro necessario al legittimo uso ufficiale dello stesso.[1] Una famiglia che non aveva chiesto riconoscimento, pur possedendo tutte le qualità della nobiltà, finché non otteneva un pubblico attestato, apparteneva di fatto alla nobiltà, ma non ufficialmente, e quindi non poteva usarne gli attributi di onore, mentre una famiglia che aveva ottenuto attestato di riconoscimento era nobile di fatto e di diritto, "nobile di qualità e di titolo".[2]

Con regio decreto n. 313 del 10 ottobre 1869 venne istituita la Consulta araldica del Regno, organo consultivo del governo, competente per le questioni nobiliari e araldiche. Gli interessati, previo espletamento di una procedura di carattere amministrativo presso gli organi araldici dello Stato, potevano ottenere l'iscrizione nel Libro d'oro della nobiltà italiana e in altri registri araldici, come l'"Elenco ufficiale della nobiltà italiana".

Con i regi decreti n. 1489 del 16 agosto 1926 e n. 1091 del 16 giugno 1927 si volle unificare per tutto il Regno la successione nei titoli nobiliari, sopprimendo le antiche regole successorie ricavabili dalle legislazioni storiche. Principi informatori di quei provvedimenti furono essenzialmente: l'abrogazione delle leggi e consuetudini nobiliari già vigenti negli antichi Stati preunitari e ancora in vigore; l'esclusione delle femmine dalla successione nobiliare e dalla facoltà di trasmettere titoli per linea femminile; la parziale retroattività delle suddette disposizioni.

Il regio decreto n. 61 del 21 gennaio 1929 introdusse nell'ordinamento giuridico italiano l'"Ordinamento dello stato nobiliare italiano", modificato nel 1943.

Durante il Regno d'Italia la nobiltà non aveva comunque particolari privilegi o prerogative o precedenze stabiliti dalla legge, bensì prettamente dettati dallo stato di fatto.[3]

Dal secondo dopoguerra a oggi

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Lo stesso argomento in dettaglio: Falsi titoli di nobiltà.
Nella XXXI edizione dell'Annuario della Nobiltà Italiana (2007-2010) sono stati pubblicati l'elenco completo delle famiglie la cui nobiltà è stata riconosciuta durante il Regno d'Italia, l'elenco completo delle famiglie la cui nobiltà è stata riconosciuta dal Corpo della Nobiltà Italiana e l'elenco completo delle famiglie che hanno ottenuto provvedimenti nobiliari da Umberto II di Savoia durante l'esilio. Nella successiva edizione figurano aggiornamenti e correzioni a schede di famiglie comprese nei predetti elenchi
Il Bollettino Ufficiale del Corpo della Nobiltà Italiana dove sono pubblicati i provvedimenti di riconoscimento di titoli nobiliari rilasciati dall'associazione e i provvedimenti nobiliari concessi da Umberto II di Savoia durante l'esilio
L'Elenco Storico della Nobiltà Italiana edito dal Sovrano Militare Ordine di Malta

In Italia, per effetto dell'articolo 3 e della XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione della Repubblica Italiana, dal 1948 i titoli nobiliari non sono più riconosciuti; essi "non costituiscono contenuto di un diritto e, più ampiamente, non conservano alcuna rilevanza" giuridica.[1][4] La XIV disposizione rimanda a una legge ordinaria la soppressione della Consulta araldica, poiché si tratta di una regolamentazione di argomento più ampio (ovvero le funzioni amministrative nella materia araldica), non solo quello dei titoli nobiliari oggetto della disposizione stessa. Dalla Costituzione furono infatti terminate solo le funzioni inerenti ai titoli nobiliari.[1] Infine, il d.l. 112/2008 (conv. in l. 133/2008) ed il d.lgs. 66/2010 hanno espressamente abrogato, rispettivamente, il r.d. 651/1943 ed il r.d. 652/1943, che regolavano i titoli nobiliari e la Consulta araldica. Dal 2010 dunque non è più in vigore alcuna disposizione relativa a detta Consulta.

Sempre la XIV disposizione prevede che i predicati[5] dei titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 (ovvero precedenti la marcia su Roma) valgono come parte del nome,[1][6] al quale vengono aggiunti con specifica sentenza di "cognomizzazione". Pertanto, se i predicati sono "parti del nome", il titolare può trasmetterli per legge dello Stato a tutti i suoi discendenti (legittimi e naturali) e anche al figlio adottivo come qualsiasi cognome, ed essi vengono regolarmente tutelati dai tribunali della Repubblica Italiana, applicandovi le norme di tutela del nome (non quelle di tutela dei titoli nobiliari, cessati appunto con la Costituzione repubblicana[1]).

Pertanto la Repubblica Italiana, pur non riconoscendo i titoli nobiliari, riconosce invece lo status storico di quelle famiglie nobili che hanno cognomizzato sulla carta di identità il rispettivo predicato feudale, ai sensi del secondo comma della XIV disposizione per la quale i predicati nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 vanno come parte del nome.

Il predicato feudale (poggiante su un antico titolo nobiliare) era la località geografica sulla quale un casato esercitava storicamente i poteri feudali. Esempi di predicato nobiliare sono:

I predicati nobiliari sono chiariti anche dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, che indica il predicato feudale come “il nome di antico feudo o possesso territoriale che si unisce al titolo nobiliare”. La cognomizzazione del predicato nobiliare riconosciuto dalla Repubblica Italiana, e quindi aggiunto alla carta di identità dell'avente diritto, è dunque la prova che quella famiglia godeva anticamente di un titolo nobiliare poggiante su un feudo.

Umberto II di Savoia non abdicò e non rinunciò mai ai suoi diritti e continuò sempre a considerarsi un sovrano. In tale veste continuò a concedere titoli nobiliari.[7] Dopo il 1950 infatti Umberto riprese l'esercizio della Regia prerogativa e, da allora, emanò numerosi provvedimenti nobiliari sia di grazia sia di giustizia, i cosiddetti titoli nobiliari umbertini.[8]

Il gran magistero del Sovrano militare ordine di San Giovanni di Gerusalemme detto di Malta nel marzo 1960 pubblicò un Elenco storico della nobiltà italiana che venne dichiarato essere, da lettera del sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri pubblicata ad introduzione del volume,[9] sostanzialmente quello che sarebbe stata l'edizione aggiornata dell'"Elenco ufficiale della nobiltà italiana" se l'attuale ordinamento costituzionale ne avesse consentito la pubblicazione d'ufficio.[10] La suddetta pubblicazione venne realizzata dal Sovrano Militare Ordine di Malta a seguito di un'intesa siglata con la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana nel 1947, con l'assistenza dell'Ufficio Araldico presso quest'ultima.[11]

Anche se non avvengono, come per il passato, riconoscimenti nobiliari da parte dello Stato, essi possono ottenersi per la nobiltà generica, in particolare dal gran magistero del Sovrano militare ordine di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Malta, che, fedele alle sue secolari tradizioni, continua ad ammettere nelle sue file cavalieri che provino la loro nobiltà,[10] anche se nella categoria di "cavaliere di grazia magistrale" sono ammessi anche i non nobili, che costituiscono ormai la maggioranza dei membri dell'Ordine.[12]

Altri ordini cavallereschi rimasti in Italia che richiedono prove nobiliari per l'ammissione negli stessi sono l'Ordine di Santo Stefano papa e martire e l'Ordine costantiniano di San Giorgio (sia nella branca detta di Napoli sia in quella detta di Spagna);[13] nell'Ordine Costantiniano di San Giorgio esiste però la categoria di "Cavaliere di merito", a cui possono accedere coloro che non sono nobili di nascita,[14] mentre il Gran Maestro può concedere per grazia l'iscrizione nelle classi nobiliari anche in assenza di documentazione idonea.

Carlo Ugo di Borbone-Parma, capo della casa reale dei Borbone di Parma e pretendente ducale di Parma e di Piacenza, dagli anni 1990 riprese a conferire il cavalierato e la commenda dell'Ordine del merito sotto il titolo di San Lodovico, che conferiscono la nobiltà generica, personale o ereditaria.[15] Agli insigniti delle classi Gran Croci e Commendatori il capo del la Real Casa di Borbone-Parma conferisce con decreto uno stemma gentilizio che viene registrato nella cancelleria dell'ordine.[16]

Il Corpo della nobiltà italiana è un'associazione privata costituita a Torino nel 1958 da alcuni studiosi italiani di storia, diritto, araldica e genealogia, che si sono assunti la funzione di accertare e di difendere i diritti storici di coloro che avrebbero avuto diritto a un titolo nobiliare e a uno stemma gentilizio o anche solo a utilizzare uno stemma di cittadinanza secondo l'ordinamento dello stato nobiliare italiano del 1943, nei limiti delle disposizioni legislative vigenti, in assenza della disciolta Consulta araldica.[17] Lo stesso aveva ottenuto il riconoscimento delle proprie funzioni da Umberto II di Savoia[18] e rivendica una continuità ideale con la Consulta araldica.[19][20]

La più antica istituzione nobiliare italiana, fondata nel 1951, è però l'Unione della nobiltà d'Italia, poi fusa nel Corpo della nobiltà italiana. Un'associazione omonima, che ha sede a Torino, aggiorna sui propri libri i titoli nobiliari degli aventi diritto. Poiché nel novembre 2010 la delegazione sarda dell'Associazione Nazionale Corpo della Nobiltà Italiana usciva per gravi disaccordi in merito ai riconoscimenti nobiliari di quell'ente, un gruppo di gentiluomini della suddetta delegazione nel gennaio 2021 ha dato vita a un nuovo Corpo Nobiliare Italiano (C.N.I.) con sede a Roma.

Alcuni dati statistici sulla nobiltà italiana

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Copertina del periodico "Libro d'oro della nobiltà italiana", Collegio araldico - Roma, edizione 2010-2014

Un'approssimativa indagine, compiuta sulla diciottesima edizione del Libro d'oro della nobiltà italiana[21] e riportata da Enrico Genta nell'Enciclopedia del diritto (1992),[22] permetteva di individuare in Italia la permanenza di circa 4.000 famiglie nobili,[23] delle quali circa un terzo di nobiltà semplice, priva cioè di titoli al di sopra di quello di nobile, e due terzi dotate di titoli nobiliari superiori: questi sono, in ordine gerarchico decrescente (senza che ciò implichi una correlazione tra importanza del titolo nobiliare e importanza del casato):[24]

Come si legge tale stima prese in esame tutte le famiglie presenti nel Libro d'oro della nobiltà italiana, non soltanto, cioè, quelle iscritte negli Elenchi ufficiali nobiliari (che ottennero cioè un riconoscimento del loro status nobiliare con l'iscrizione negli Elenchi durante il periodo monarchico), bensì tutte quelle, a vario titolo, presenti in quella edizione del periodico: a tale numero della stima è necessario togliere quindi circa 500 famiglie per basare il calcolo solo sui casati effettivamente iscritti negli elenchi ufficiali nobiliari italiani[senza fonte].

Un altro computo delle famiglie che annoveravano almeno un membro vivente fu pubblicato nella XXX edizione (2006) dell'Annuario della nobiltà italiana,[25] e spostava il numero di famiglie sussistenti, e sempre discendenti dalle sole iscritte negli Elenchi ufficiali nobiliari, a oltre 7.500, per un totale di oltre 78.000 persone, evidenziando l'erronea stima per difetto del precedente calcolo, pur lasciando sostanzialmente immutate le proporzioni per la distribuzione dei titoli.[26][27]

  1. ^ a b c d e Sentenza n. 101 del 1967 della Corte costituzionale.
  2. ^ Giovanni Maresca di Serracapriola, "Nobiltà", in: Antonio Azara e Ernesto Eula Novissimo Digesto Italiano, vol. XI, Torino 1976, p. 288.
  3. ^ Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA.VV., "Enciclopedia del diritto", Varese, 1992, vol. XLIV, p. 680.
  4. ^ Carlo Mistruzzi di Frisinga, Trattato di diritto nobiliare italiano, Vol. I, Giuffrè, Milano, p. 23: «La Costituzione repubblicana del 1948 non ha - si noti bene - né abolito né proibito i titoli nobiliari. Si è limitata a non riconoscerli ufficialmente e a togliere di conseguenza quella protezione legale di cui essi godevano in regime monarchico. Per contro protegge in pieno i predicati nobiliari che vengono a far parte del nome con funzione "individuatoria"».
  5. ^ Un "predicato di nobiltà" è la denominazione di luogo associata a un titolo nobiliare che ne indica la giurisdizione. Per esempio: per il conte di Macerata, "di Macerata" è il predicato del titolo di conte.
  6. ^ La sentenza costituzionale n. 101/1967 aggiunse interpretativamente in base al combinato disposto dell'art. 3/1º della Costituzione con l'art. XIV/1º delle disposizioni transitorie e finali, il requisito che i predicati fossero già stati riconosciuti dalla Consulta araldica del Regno d'Italia
  7. ^ Raffaello Cecchetti, "Manuale di diritto nobiliare", Vicopisano (PI) 2021 pag. 141
  8. ^ I provvedimenti nobiliari di Umberto II di Savoia adottati e perfezionati successivamente al 2 giugno 1949
  9. ^ L'Elenco storico della nobiltà italiana era stato compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di archivio della Consulta araldica dello Stato italiano.
  10. ^ a b Giovanni Maresca di Serracapriola, "Nobiltà", in: Antonio Azara e Ernesto Eula, Novissimo Digesto Italiano, volume XI, Torino 1976, p. 286, nota n. 1
  11. ^ Raffaello Cecchetti, "Manuale di diritto nobiliare", Vicopisano (PI) 2021 pag. 104-105
  12. ^ Sito ufficiale dell'Ordine di Malta
  13. ^ Schede bliografiche di A. Borella , Annuario della nobiltà italiana e Libro d'oro della nobiltà italiana Archiviato il 3 marzo 2016 in Internet Archive.; Pier Felice degli Uberti La storia della tua famiglia, Giovanni De Vecchi editore, Milano 1995, pp. 129-131 (Sacro militare ordine costantiano di San Giorgio).
  14. ^ Pier Felice Degli Uberti, Ordini cavallereschi e onorificenze, De Vecchi, 1993
  15. ^ Raffaello Cecchetti, "Manuale di diritto nobiliare", Vicopisano (PI) 2021 pag. 154
  16. ^ Andrea Borella, "Annuario della Nobiltà Italiana", Edizione XXXIII 2015-2020, volume II,Parte III, Sezione III, riproduzione del decreto datato 12 agosto 2002 di concessione di uno stemma gentilizio da parte di Carlo Ugo di Borbone al nobile Dott. Prof. Umberto Squarcia e alla sua discendenza
  17. ^ Lorenzo Caratti di Valfrei, Araldica, Mondadori editore, Milano, 2008, pp .143-152.
  18. ^ AA.VV., "Nobiltà" Anno XIX Marzo-Aprile 2012 Milano Numero 107 pag. 156.
  19. ^ Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA.VV., "Enciclopedia del diritto", Varese 1992, vol. XLIV, p. 680
  20. ^ Elenco delle famiglie che hanno avuto un riconoscimento di titoli o attributi nobiliari dal Corpo della Nobiltà Italiana
  21. ^ Il riscontro è stato fatto calcolando le famiglie nobili iscritte nel Libro d'oro della nobiltà italiana, vol. XIX, 1981-1985, con stato personale; nel caso di famiglia dotata di più titoli, si è considerato solo il titolo più alto.
  22. ^ Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA.VV., Enciclopedia del diritto, Varese 1992, vol. XLIV, pp. 679-680.
  23. ^ Alle famiglie titolate corrispondono con una certa approssimazione i singoli individui titolati: infatti (a parte alcuni abusi) per molte famiglie titolate è prevista la spettanza del titolo per tutti i maschi (e a volte per le femmine) e non solo per i primogeniti vedi: Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA.VV., "Enciclopedia del diritto", Varese 1992, vol. XLIV, p. 680.
  24. ^ Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA.VV., "Enciclopedia del diritto", Varese 1992, vol. XLIV, pag. 679-680.
  25. ^ Indice completo e generale di tutte le famiglie comprese nella XXXI^ edizione dell'Annuario
  26. ^ Introduzione di Amedeo di Savoia-Aosta alla XXX edizione dell'Annuario della nobiltà italiana.
  27. ^ AA.VV., Statistiche demografiche sulla nobiltà italiana, in Genealogical researches collection, 2008, Salt Lake City, Utah, U.S.A.
  • Gian Carlo Jocteau, Nobili e nobiltà nell'Italia unita, Laterza (collana Quadrante Laterza), 1997
  • Carlo Mistruzzi di Frisinga, Trattato di diritto nobiliare italiano, Milano, 1961.
  • Anthony L. Cardoza, Aristocrats in Bourgeois Italy: The Piedmontese Nobility, 1861-1930, 0521593034, 9780521593038, 0521522293, 9780521522298, 9780511585227, Cambridge University, 1998
Alcune principali pubblicazioni sulle famiglie nobili italiane
  • Presidenza del Consiglio dei ministri - Consulta Araldica del Regno, Elenco ufficiale della nobiltà italiana, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1934, pp. X, (22), 1033, (2) e il suo ultimo - e unico - supplemento: Presidenza del Consiglio dei ministri - Consulta Araldica del Regno, Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana: Supplemento per gli anni 1934-1936, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1937, pp. VIII, (14), 70, (1).
  • Bollettino ufficiale del Corpo della nobiltà italiana, anni XLIII-XLVII, 2000-2004, Piacenza, Tipografia Arti grafiche, 2005, pp. 186, (3, include i "Provvedimenti nobiliari di sua maestà Umberto II re d'Italia adottati e perfezionati successivamente al 2 giugno 1946...", nonché i "Provvedimenti nobiliari di giustizia" del CNI dal 1957 al 2004).
  • Sovrano militare ordine di Malta, Elenco storico della nobiltà italiana. Compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di archivio della Consulta araldica dello Stato italiano, Roma, Tip. Poliglotta Vaticana, 1960, pp. 586.
  • Enciclopedia storico-nobiliare italiana: famiglie nobili e titolate viventi riconosciute dal R. Governo d'Italia, compresi: città, comunità, mense vescovili, abazie, parrocchie ed enti nobili e titolati riconosciuti: promossa e diretta dal marchese Vittorio Spreti (1928-36), è una raccolta di cenni storici, frutto del lavoro di un notevole numero di collaboratori, su famiglie nobili italiane.
  • Annuario della nobiltà Italiana: ideato nel 1877 e dato alle stampa la prima volta nel 1879 da Giovan Battista di Crollalanza. La prima serie terminò nel 1905. Nel 1998 Andrea Borella diede inizio alla seconda serie dell'opera, dapprima con i tipi della casa editrice S.A.G.I. (dal 2000 al 2014) poi sotto l'egida dell'Annuario della Nobiltà Italiana foundation trust (dal 2014).
  • Libro d'oro: pubblicazione del Collegio araldico ha visto la luce nel 1910. Nel 1932 cambiò il nome togliendo il "d'oro" dal titolo che mantenne sino al 1936. Dal 1936 al 1948 la pubblicazione venne sospesa e nel 1949 riprese il vecchio titolo. Dal 2014 viene pubblicato a cura dell Collegio Araldico Romano per i tipi della Ettore Gallelli-edizioni, ed è giunto alla edizione XXV (2015-2019).
  • Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana-serie aggiornata (Ettore Gallelli-editore).
  • Albo d'Oro della Nobiltà Italiana-serie aggiornata (Ettore Gallelli-editore).
  • Calendario d'Oro (Ettore Gallelli-editore).
  • Calendario Reale (Ettore Gallelli-editore).
  • Libro d'Oro della Nobiltà Melitense (Ettore Gallelli-editore).
  • Libro d'Oro della Nobiltà Pontificia (Ettore Gallelli-editore).
  • Calendario Pontificio (Ettore Gallelli -editore).
  • Albo d'oro delle famiglie nobili e notabili italiane ed europee: pubblicazione del Corpo della nobiltà europea - CNE
  • Francesco Guasco [Gallarati di Bisio], Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia (dall'epoca carolingica ai nostri tempi, 774-1909) (Biblioteca della Società Storica Subalpina, LIV-LVIII), Tipografia già Chiantore Mascarelli, Pinerolo 1911, 5 volumi (raccoglie dati tratti da fonti documentali, abbraccia una vasta area d'Italia: Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, Nizzardo, Sardegna oltre ai domini transalpini).
  • Antonio Manno, Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche ed araldiche desunte da documenti…, Firenze, Civelli, 1895-1906, Editi i primi 2 voll. (Dizionario feudale e Dizionario genealogico, famiglie A-B, pp. X, (2), 412; XV, 528); inediti i volumi successivi, Dizionario genealogico, famiglie C-Z[1]. Si tratta di una raccolta che include cenni oltre che su praticamente tutte le famiglie nobili esistite ed esistenti nelle aree subalpine, anche su numerose famiglie italiane che ebbero residenze, ruoli o feudi nelle aree di influenza sabauda.
  • Gustavo Mola di Nomaglio, Feudi e nobiltà negli Stati dei Savoia, materiali, spunti, spigolature bibliografiche per una storia..., Lanzo Torinese, Società Storica delle Valli di Lanzo, 2006, (Pubblicazioni della Società n. XCV), pp. 799, (1, Incentrato sul Piemonte e la Valle d'Aosta, include spunti e approfondimenti sulle aree subalpine storicamente legate anche alla Lombardia, a Genova, alla Liguria, al Nizzardo e accenni alla nobiltà e feudalità in Sardegna, con alcuni confronti tra la nobiltà dei territori subalpini e savoini in generale e altre italiane).
  • Silvio Mannucci, Nobiliario e blasonario del Regno d'Italia, 5 voll., Roma, [Collegio Araldico] s.a. (ma 1929-1934, vasta compilazione che si rivela spesso utile sotto il profilo araldico in particolare).
  • Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle Famiglie Nobili delle province meridionali d'Italia, vol. VI, pp. 236 - 241 - 248 - 260 - 230 - 245, Napoli, De Angelis, 1875-1882 (ponderosa non meno che scrupolosa miniera di informazioni sulle famiglie dell'Italia del Sud).
  • Elenco dei titolati italiani, pubblicazione dell'Accademia Nobiliare Italiana.

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