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Pietro Cella

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Pietro Cella
Foto del Cap. Pietro Cella esposta all'interno del Castello di Bardi
NascitaBardi, 9 aprile 1851
MorteAdua, 1 marzo 1896
Cause della mortecaduto in combattimento
Luogo di sepolturaMonumento ai Caduti di Daragonat (Etiopia)
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
GradoCapitano
ComandantiOreste Baratieri
Luigi Nava
GuerreGuerra d'Abissinia
BattaglieBattaglia di Adua
Comandante di4ª Compagnia, I Battaglione Alpini d'Africa
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
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Pietro Cella (Bardi, 9 aprile 1851Adua, 1º marzo 1896) è stato un militare italiano, decorato con la prima Medaglia d'oro al valor militare alla memoria assegnata ad un membro del corpo degli alpini.

Nacque a Bardi in provincia di Parma il 9 aprile 1851, figlio di Giuseppe e Giuseppa Bardoli, si formò nei collegi militari di Colorno e Racconigi.[1] Arruolatosi come soldato semplice nel Regio Esercito, prestò servizio nei distretti militari di Piacenza e Palermo, promosso dapprima caporale e poi sergente.[1] Ammesso a frequentare la Regia Accademia Militare di Modena il 30 luglio 1877, dopo due anni ne esce come sottotenente di fanteria, ed entra in servizio presso il 37º Reggimento il 31 luglio 1879.[1]

Chiese, ed ottenne, di essere trasferito nel Corpo degli Alpini, assegnato al Reggimento. Nel 1885 viene promosso tenente ed è assegnato al 10º Battaglione del 4º Reggimento.[1] Promosso capitano l'8 aprile 1888 ritornò al 6º Reggimento, e nel corso del 1895 partì volontario al seguito del Corpo di Spedizione Italiano[2] in Eritrea.[1] Giunto a Massaua[1] a bordo del piroscafo Gottardo[3] il 29 dicembre 1895,[N 1] assunse il comando della 4ª Compagnia del I Battaglione Alpini d'Africa[4] assegnato al 5º Reggimento fanteria d'Africa al comando del colonnello Luigi Nava.[N 2]

A tappe forzate il reparto attraversò la valle di Haddas arrivando sull'altipiano dell'Adigrat dove si fermò in attesa di ricevere ordini.[4] Alle ore 11 del 1 marzo 1896, durante la battaglia di Adua, ricevette ordine di portare il reparto[N 3] alle falde dell'Amba Raio, schierandosi a difesa di quelle posizioni perché gruppi di scioani, dopo aver rotto lo schieramento della colonna del generale Giuseppe Arimondi e occupato il colle di Erarà,[N 4] e minacciavano di accerchiare i reparti italiani sulla sinistra.[4] Giunto l'ordine di ritirata[N 5] ne dispose l'attuazione, e nel tentativo di proteggere i superstiti delle Brigate Arimondi e Ellena combatté accanitamente fino a che non scomparve nella mischia trafitto da numerosi colpi.[4] Il sacrificio degli uomini del 5º Reggimento permise al generale Oreste Baratieri, che aveva stabilito il proprio posto di comando sull'Amba Raio,[5] e al suo Stato maggiore, di ripiegare su Adigrat, Adi Ugrì ed Adi Caiè.[4] Fu insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[1] Il suo corpo risulta seppellito presso il Monumento ai Caduti di Daragonat (Etiopia).[4]

Riconoscimenti

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La sciabola del Capitano Pietro Cella esposta nel Castello di Bardi
La sciabola del Capitano Pietro Cella esposta nel Castello di Bardi
La lapide intitolata al Cap. Pietro Cella presso la caserma di Schio
La lapide intitolata al Cap. Pietro Cella presso la caserma di Schio

Nel 2007 nella caserma di Schio a lui intitolata è stata posta una lapide a ricordo[6] Dal mese di aprile 2012, presso la Fortezza di Bardi, a cura dell'Amministrazione Comunale, (Sindaco Giuseppe Conti), con il patrocinio dell'Associazione Nazionale Alpini Sezione di Parma e del Gruppo di Bardi, sono state aperte al pubblico "5 Sale Alpine" intitolate a Pietro Cella. Le sale contengono uniformi ed altro materiale fotografico e documentario della storia alpina dal 1872 al 1940. La terza sala è dedicata all'eroe bardigiano e qui è conservata anche la sua spada. L'esposizione è curata dal collezionista Carlo Riccardi proprietario del materiale esposto.

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante delle compagnie alpine 3ª e 4ª distaccate sulla sinistra dell’occupazione di Monte Raio, le tenne salde in posizione contro soverchianti forze avversarie finché furono pressoché distrutte, e combattendo valorosamente lasciò la vita sul campo prima di cedere di fronte all’irrompente nemico. Adua (Eritrea), 1º marzo 1896.[7]
— marzo 1898[8]
  1. ^ La mobilitazione generale era cominciata il 25 dicembre 1895, ed entro il 10 marzo 1896 arrivarono in Eritrea 1.537 ufficiali, 38.063 sottufficiali e uomini di truppa, e 8.584 muli.
  2. ^ Tale reggimento era in forza alla III Brigata del generale Giuseppe Ellena.
  3. ^ Insieme ad un'altra compagnia di alpini.
  4. ^ Arimondi aveva occupato il colle Erarà credendolo erroneamente il colle Chidane Meret, ma accortosi dell'errore proseguì la marcia occupando il vero Chidane Meret, ma così facendo aprì un enorme buco nelle linee italiane che fu subito riempito dagli etiopici.
  5. ^ Baratieri emise l'ordine di ritirata generale alle 12.30.
  1. ^ a b c d e f g h Bianchi, Cattaneo 2011, p. 72.
  2. ^ McLachlan 2011, p. 11.
  3. ^ Alpini-dalle Alpi all'Afghanistan, Giovanni Morandi
  4. ^ a b c d e f Bianchi, Cattaneo 2011, p. 73.
  5. ^ McLachlan 2011, p. 18.
  6. ^ A Schio di Vicenza per Pietro Cella di Beppe Conti Archiviato il 30 settembre 2008 in Internet Archive. Val Ceno Web - visto 1º gennaio 2009
  7. ^ [1] Viminale - scheda - visto 11 dicembre 2008
  8. ^ Bollettino Ufficiale 1898, pag.132.
  • Andrea Bianchi, Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Roberto Battaglia, La prima Guerra d'Africa, Torino, Einaudi, 1958.
  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall'unità alla marcia su Roma. Vol. 1, Milano, A. Mondadori Editore, 2002, ISBN 88-04-46946-3.
  • (EN) Sean McLachlan, Armies of the Adowa Campaign 1896, Botley, Osprey Publishing Company, 1902, ISBN 1-84908-458-0.
  • Mario Montanari, Adua 1896, in Storia Militare, n. 32, Parma, Ermanno Albertelli Editore, maggio 1996, pp. 4-10, ISSN 1122-5289.

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