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Diritti umani

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«.... il riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della società umana è la base di libertà, giustizia e pace nel Mondo.»

Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino

I diritti umani (o diritti dell'uomo) sono una concezione filosofico-politica che, accolta come fondamento giuridico dalle Costituzioni moderne, descrive i diritti inalienabili che ogni essere umano possiede.

Tra i diritti fondamentali dell'essere umano si possono ricordare: il diritto alla vita, il diritto alla libertà individuale, il diritto all'autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un'esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare la propria religione, oltre che, di recente tipizzazione normativa, il diritto alla protezione dei propri dati personali (privacy) e il diritto di voto.

Nella storia delle idee

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La nozione di diritti minimi connessi alla sola qualità di essere umano, i cosiddetti diritti naturali, è molto antica e anche molto generica. Quello che caratterizza l'idea di diritti dell'uomo è il fatto di inscriverli esplicitamente nel diritto (orale o scritto), di riconoscere loro un'applicazione universale e una forza superiore ad ogni altra norma. Si passa allora spesso attraverso una forma di proclamazione piuttosto che attraverso l'ordinaria emanazione di norme legali; i termini utilizzati sono quelli di un'evidenza preesistente e indiscutibile che si scopre e si riconosce, piuttosto che di una semplice convenzione discutibile. L'unanimità è implicitamente convocata come fonte della legittimità di questi diritti.

Tra i primi ad affrontare il tema, da un punto di vista speculativo, sono forse i filosofi greci, in particolare Aristotele e gli stoici, che affermano l'esistenza di un diritto naturale, cioè di un insieme di norme di comportamento la cui essenza l'uomo ricava dallo studio delle leggi naturali. Questo pensiero, detto giusnaturalismo, ha origini antichissime, e di sovente viene suddiviso in vari tronconi storici. Il giusnaturalismo antico è riassumibile nel pensiero del grande filosofo greco espresso nella sua Etica Nicomachea:[1]

bandiera dei diritti umani

«Il giusto politico, poi, si divide in naturale e legale: naturale è quello che ha ovunque la stessa validità e non dipende dal fatto che venga riconosciuto o meno; legale, invece, è quello che, mentre all'inizio non aveva alcuna importanza il fatto che le cose stessero in un modo piuttosto che in un altro, invece, una volta che è stato fissato, le cose cambiano... e ciò che viene stabilito mediante decreti»

Nel XIII secolo il giusnaturalismo scolastico, che ha avuto come suo massimo esponente un altro filosofo, Tommaso d'Aquino, descrive i diritti naturali come un "insieme di primi principi etici, generalissimi" che condizionano il legislatore nel diritto positivo, in quanto sigillo di Dio nella creazione delle cose. I diritti umani quindi non sono più un insieme di cose più o meno benevolmente concesse da qualche autorità. È diritto dell'uomo rivendicare la propria libertà quale suo diritto naturale.

Nell'epoca moderna

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Il giusnaturalismo razionalistico moderno nacque tra il 1600 e il 1700, divisibile in due filoni: quello dell'Illuminismo di fine Settecento (con l'affermazione del concetto di libertà dell'individuo, soprattutto in opposizione all'assolutismo, la forma di governo caratteristica dell'età moderna) e quello che si sviluppa a partire dal pensiero di Thomas Hobbes (il quale per la verità considerava il diritto naturale proprio solo allo stato di natura, ovvero alla condizione in cui l'uomo si trova prima di stipulare quel contratto sociale che porta all'istituzione dello stato; pertanto Hobbes non può ritenersi autenticamente un giusnaturalista).

Fra gli autori che, a vario titolo, hanno affrontato il tema del diritto naturale in età moderna si possono quindi citare:

Secondo la formulazione di Grozio e dei teorici razionalisti del giusnaturalismo, gli uomini, pur in presenza dello stato e del diritto positivo ovvero civile, restano titolari di alcuni diritti naturali, quali il diritto alla vita, alla proprietà etc., diritti inalienabili che non possono essere modificati dalle leggi. Questi diritti naturali sono tali perché razionalmente giusti, ma non sono istituiti per diritto divino; anzi, Dio li riconosce come diritti proprio in quanto corrispondenti alla ragione.

Locke sviluppò invece il concetto di diritto naturale come derivato dalla divinità, in quanto l'uomo è creazione di Dio, non limitando questo diritto né al possesso della cittadinanza né a criteri di etnia, cultura o religione. Il filone dell'utilitarismo sviluppò questa concezione, che entrò mediante gli economisti neoclassici nelle elaborazioni dell'umanesimo politico moderno[2].

Significativa al riguardo è la filosofia politica degli Stati Uniti d'America che alla nozione storicistica propria della madrepatria inglese accosta quella individualistica (dovuta a una diffidenza di fondo nei confronti dell'onnipotenza del legislatore) e quella statualistica (che si concreta soprattutto nel ruolo della Costituzione rigida così come riconosciuto dalla Corte suprema a partire dalla sentenza Marbury vs. Madison del 1803).

Similmente, nella Francia rivoluzionaria, pur eliminando radicalmente ogni riferimento alle nozioni storicistiche in polemica opposizione all'ancien regime, sono ben presenti sia le nozioni individualistiche (laddove si affermano, nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, i «diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo») che quelle statualistiche (valorizzate soprattutto dalla funzione attribuita alla legge), in un contesto dominato dal principio della rappresentatività politica e dalla connessa petizione di principio che nega la possibilità di contrasti tra Costituzione e legge.

La successiva evoluzione dello Stato liberale nel corso del 1800 determinerà l'accentuazione degli elementi statualistici già presenti nel modello rivoluzionario francese, giungendo a ritenere la legge non più l'espressione della sovranità popolare, ma l'esercizio di una funzione pubblica e - nelle degenerazioni dittatoriali e totalitarie - concependo lo Stato come l'evoluzione storica della Nazione, che trova quindi in sé stesso la sua legittimazione, e i diritti funzionalizzati al perseguimento degli scopi dello Stato, superiori ed indipendenti rispetto a quelli dei singoli.

Il costituzionalismo contemporaneo, infine, stabilisce nella Costituzione la fonte e la garanzia dei diritti di libertà, rafforzata - sulla scorta del modello nordamericano - dalla distinzione tra potere costituente e poteri costituiti e dalla conseguente rigidità della costituzione e la previsione di una giustizia costituzionale (deputata a verificare la conformità alla costituzione rigida delle norme di legge ordinaria), come anche la base programmatica comune e sottratta alle dinamiche politiche, con particolare riguardo alle libertà così dette positive.

Esistenza, validità e contenuti dei Diritti Umani continuano ad essere oggetto di dibattito sia in filosofia che nell'ambito delle scienze politiche anche dopo che, da un punto di vista giuridico, i Diritti Umani si sono affermati nella modernità con convenzioni e leggi internazionali, ma anche con gli ordinamenti giuridici di numerose Nazioni. Secondo molti, la dottrina dei Diritti Umani va al di là delle singole leggi e forma le basi morali fondamentali per regolare l'ordine geo-politico. Forse con questi propositi l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione sul Diritto dei Popoli alla Pace con la risoluzione 39/11 del 12 novembre 1984, iscrivendo così la pace tra i diritti umani e dichiarandone la salvaguardia "un obbligo fondamentale per ogni Stato".

Il rapido progresso del rispetto dei diritti umani nelle nazioni occidentali non ha avuto per molte ragioni un processo parallelo in tutto il mondo: lotte simili a quelle vissute in Europa e Nord America continuano a opporre tra loro oppressori e oppressi in altre parti del mondo, ove si invocano diritti umani di seconda e di terza generazione. Dinanzi al fatto drammatico per cui ogni giorno una persona su cinque soffre la fame - per un totale di 800 milioni di persone affamate in tutto il mondo, con un bilancio ogni anno di oltre 20 milioni di persone che muoiono di denutrizione e di malattie ad essa collegate - si è ad esempio affermato che il diritto ad un'alimentazione adeguata costituisce un diritto umano fondamentale[3].

Nel 2011 il Consiglio dell'ONU ha approvato la Guiding Principles on Business and Human Right (Guida ai principi di business e diritti civili) predisposta in seguito agli studi di John Ruggie[4][5].

Le critiche all'ideologia dei diritti umani

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Nella sua lotta al giusnaturalismo razionalista, la chiesa cattolica del secolo XIX coinvolse nella critica anche i diritti dell'uomo: Pio VI nel breve Quot Aliquandum; Gregorio XVI nella Mirari vos; Pio IX contro la libertà di culto; Pio XI contro l'ecumenismo (enciclica Mortalium animos). Solo dopo il concilio Vaticano II queste posizioni furono definitivamente superate.

Secondo alcune correnti marxiste l'idea dei diritti umani costituisce le basi di un'ideologia borghese di libertà giuridiche formali cui non sarebbe concretamente corrisposta una reale emancipazione degli oppressi, e in particolare del proletariato. In pratica tali diritti descriverebbero ideali sistemi sociopolitici sulla base di criteri storicamente e politicamente connotati, che si presterebbero facilmente a fare da alibi a politiche imperialiste, specie dal punto di vista economico-militare sotto la forma dell'intervento umanitario.

«..le grandi dichiarazioni dei diritti dell'uomo hanno, anche esse, la forza e la debolezza di enunciare un ideale troppo spesso dimentico del fatto che l'uomo non realizza la propria natura in un'umanità astratta, ma in culture tradizionali.»

Proclamazioni

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In tutte le società antiche i principi dei diritti umani erano fissati nei testi religiosi. I Veda induisti, il Tanàkh ebraico, la Bibbia cristiana, il Corano islamico e gli Analecta confuciani sono tra gli scritti più antichi che affrontino la questione dei diritti e doveri dell'uomo e delle sue responsabilità.

Numerosi corpus legislativi[6] furono creati in Mesopotamia: tra di essi il Codice di Hammurabi (circa 1780 a.C.) - che è uno degli esempi meglio preservati di questo tipo di documenti - mostrava le leggi e le punizioni conseguenti all'infrazione delle leggi su una vasta quantità di problemi inclusi i diritti delle donne, i diritti dei bambini e i diritti degli schiavi; un analogo e per certi versi più evoluto corpo legislativo (ritenuto da molti studiosi dipendente o derivato) è quello contenuto nei libri di Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio della Bibbia ebraica.

Nel VI secolo a.C. da Ciro il Grande, sovrano dell'Impero Persiano (attuale Iran). Dopo la conquista di Babilonia (attuale Iraq) nel 539 a.C., il re fa emanare il testo scolpito sul "cilindro di Ciro", rinvenuto nel 1879 tra le rovine di Babilonia e conservato al British Museum a Londra. Questo documento è correntemente menzionato come la "prima carta dei diritti dell'uomo" poiché esprime rispetto per l'uomo in quanto tale e promuove una forma elementare di libertà e tolleranza religiosa. Esso afferma:[7]

«Io, Ciro, il re della totalità, il gran re, il re potente, il re di Babilonia, il re di Sumer e Akkad, il re delle quattro estremità (della terra), Ho cercato il benessere della città di Babilonia e di tutti i suoi centri cultuali. I cittadini di Babilonia, anziché assegnare loro un giogo non appropriato contro il volere del Dio, ho dato sollievo alla loro stanchezza, ho fatto sciogliere i loro legacci. Marduk, il gran signore, si rallegrò delle mie [buone] azioni. Da Shuanna (Babilonia) fino alle città di Ashshur e Susa, Akkad, la regione di Eshnunna, la città di Zamban, la città di Meturnu, Der, fino al limite del paese dei Gutei, (ovvero nei) centri cultuali sull’altra riva del Tigri le cui dimore erano state abbandonate da tempo, ho restituito alle loro sedi gli dèi dimoranti al loro interno e (li) ho insediati nelle (loro) dimore eterne. Tutta la loro gente ho riunito insieme e ho dato loro indietro i loro insediamenti»

Ciro quindi dichiarava in sostanza che i cittadini dell'Impero erano liberi di manifestare il loro credo religioso e, inoltre, aboliva la schiavitù favorendo il ritorno dei popoli deportati nelle terre d'origine, dalla qual cosa derivò anche la biblica fine della cattività babilonese per il popolo di Israele.

Nel III secolo a.C., durante il regno di Aśoka il Grande sull'Impero Maurya (oggi India), furono stabiliti diritti civili senza precedenti. Dopo la sanguinosa conquista del regno di Kalinga, circa nel 265 a.C., Aśoka si pentì degli atti commessi in guerra e si convertì al Buddhismo. Da allora colui che era stato prima descritto come "il crudele Aśoka" fu conosciuto come "il pio Aśoka". Durante il suo regno egli perseguì una politica di nonviolenza (ahimsa) e rispetto per la vita animale (ad esempio forme di uccisione o mutilazione non necessaria di animali, come la caccia per divertimento e i sacrifici a carattere religioso o la castrazione, furono immediatamente abolite). Egli trattò i suoi sudditi come uguali a prescindere dalla loro religione, casta o attività politica, costruì ospedali e università offrendone i servizi gratuitamente a tutti i cittadini, definì i principi di non-violenza, tolleranza religiosa, obbedienza verso i genitori, rispetto verso gli insegnanti e i preti, umanità verso i servi (la schiavitù non esisteva in India a quei tempi), generosità verso il prossimo, benevolenza verso i colpevoli. Tutte queste riforme sono descritte negli Editti di Aśoka, una collezione di 33 iscrizioni sui cosiddetti Pilastri di Aśoka. La prima attestazione di una legge che sancisse in modo esplicito ed universale la libertà di culto, è forse proprio il dodicesimo editto su pietra di Ashoka:

Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per una ragione o per l'altra. Chi disprezza l'altrui credo, abbassa il proprio credendo d'esaltarlo.[8]

Nel caso della società cinese al tempo di Confucio (551-479 a.C.), è indubbio che non fossero rispettati nemmeno i fondamentali diritti umani poiché non esisteva l'idea di diritti naturali inalienabili dei quali ogni uomo gode fin dalla nascita; i diritti erano accordati solo in riguardo della posizione e del ruolo dell'individuo nella società[9].

Nella Roma antica esisteva la nozione di diritto di cittadinanza che era, in sostanza, un insieme di diritti riservati a tutti i cittadini romani.

Lo stesso argomento in dettaglio: Cittadinanza romana.

Manifestazioni concrete

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Bisogna arrivare al Medioevo per trovare le prime manifestazioni concrete con effetto pratico dell'idea di diritti dell'uomo.

Nel 1215 il re d'Inghilterra Giovanni Senzaterra fu costretto dai baroni del regno a concedere, firmandola, la Magna Charta Libertatum (Carta delle libertà). Essa rappresenta il primo documento fondamentale per la concessione di diritti ai cittadini perché impone al re il rispetto di alcune procedure, limitando la sua volontà sovrana per legge. Tra gli articoli della Magna Charta ricordiamo il divieto per il Sovrano di imporre nuove tasse senza il previo consenso del Parlamento (no taxation without representation) e la garanzia per tutti gli uomini di non poter essere imprigionati senza prima aver sostenuto un regolare processo (due process of law), riducendo inoltre l'arbitrarietà del re in termini di arresto preventivo e detenzione. Benché la Magna Charta nel corso dei secoli sia stata ripetutamente modificata da leggi ordinarie emanate dal Parlamento, conserva tuttora lo status di Carta fondamentale della monarchia britannica. Il papa Innocenzo III (1160 - 1216) condannò la Magna Charta: bolla del 24 agosto 1215; e nel dicembre 1215 scomunicò i baroni.

Fin dal 1305 in Inghilterra, sotto il regno di Edoardo I, per quanto anche anteriormente a tale data fossero stati emessi writs (mandati) di contenuto analogo, si diffonderà l'uso dell'Habeas corpus, un writ che impone la conduzione di un suddito imprigionato di fronte ad un tribunale per un giusto processo, o la scarcerazione in alternativa. Con l'emissione del writ di Habeas corpus una corte reale poteva ordinare a qualsiasi altra giurisdizione la consegna del prigioniero garantendolo dall'arbitrio signoriale. L'importanza di questo atto legale può essere compresa se si considera che nel diritto inglese originario ogni suddito poteva essere soggetto a una pluralità di giurisdizioni locali e signoriali, le quali tutte potevano disporre fisicamente del soggetto. Il diritto di habeas corpus è stato a lungo celebrato come il più efficiente atto di salvaguardia della libertà dell'individuo.

Dal corpus legislativo inglese l'Habeas corpus è passato in tutte le costituzioni occidentali, fino ad approdare alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che all'Articolo 9 recita: Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Alla fine dell'anno 1222, il giorno dell'incoronazione di Sundjata Keïta quale sovrano dell'Impero del Mali, fu solennemente proclamata e tramandata oralmente la Carta Manden, una dichiarazione di diritti umani essenziali quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà. La Carta Manden si rivolge ai "quattro angoli del mondo" con sette affermazioni:

  • «ogni vita è una vita»
  • «il torto richiede una riparazione»
  • «aiutatevi reciprocamente»
  • «veglia sulla patria»
  • «combatti la servitù e la fame»
  • «che cessino i tormenti della guerra»
  • «chiunque è libero di dire, di fare e di vedere»

Si trovano in questa carta i temi che saranno trattati vari secoli dopo in Occidente nelle dichiarazioni dei diritti umani: il rispetto della vita umana e della libertà dell'individuo, la giustizia e l'equità, la solidarietà. Prendendo posizione contro la schiavitù, divenuta corrente in Africa occidentale, la carta identifica la violenza delle cause come precedente la violenza della guerra. L'abolizione della schiavitù fu probabilmente il grande merito di Sundjata Keïta. La Carta Manden può probabilmente essere considerata come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell'uomo.

America latina

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La conquista spagnola delle Americhe a partire dal XV secolo e la scoperta di popolazioni indigene, e le prime conseguenti pratiche di deportazioni di individui di pelle scura dall'Africa verso il "Nuovo Mondo", crearono un vigoroso dibattito sui diritti umani. Francisco de Vitoria e altri filosofi della Scuola di Salamanca enunciarono il concetto di diritto naturale relativamente al corpo (diritto alla vita, alla proprietà) quanto allo spirito (diritto alla libertà di pensiero, alla dignità). I teologi dell'università di Salamanca furono tanto radicali da condannare qualsiasi forma di guerra (con poche eccezioni) come una violazione dei diritti naturali, opponendosi espressamente alle campagne di Carlo I.

La dottrina giuridica della Scuola di Salamanca significò la fine del concetto medievale del diritto marcata da una rivendicazione di libertà inusuale per l'Europa dell'epoca. I diritti naturali dell'uomo sono connessi alla natura stessa di essere umano, quindi ovviamente se tutti gli uomini hanno la stessa natura essi hanno anche gli stessi diritti di libertà e uguaglianza.

È da inscrivere in questo quadro lo scontro filosofico conosciuto come Giunta di Valladolid (1550-1551) che vide contrapposte la teoria del frate domenicano Bartolomeo de Las Casas a difesa della libertà naturale degli indigeni americani e quella dell'umanista Juan Ginés de Sepúlveda sostenitore della loro naturale schiavitù.

Questi primi dibattiti sull'argomento nella storia europea si manifestarono con la bolla Sublimis Deus, attraverso la quale il papa Paolo III dichiarò l'umanità degli indigeni americani e il loro diritto alla libertà e alla proprietà, condannando la pratica della schiavitù.

Las Casas lottava dal 1512 per i diritti degli indigeni, quando era cappellano dei conquistadores a Cuba sotto il comando di Diego Velázquez de Cuéllar. Più volte testimone e attore della resistenza indigena alla penetrazione sanguinaria dei Conquistadores e della cristianizzazione imposta "a ferro e fuoco", egli aveva scritto la Brevísima o "breve relazione sulla distruzione delle Indie" nella quale descriveva le crudeltà di cui erano fatti oggetto gli indigeni.

Il 26 gennaio 1542 Las Casas fu presentato all'imperatore Carlo V, al quale riassunse il contenuto della "Brevísima". Da questo incontro nacquero le "Leggi nuove" del novembre 1542 che proclamavano:

  • la libertà naturale degli indigeni e la messa in libertà degli schiavi;
  • la libertà del lavoro, che limita le corvée e abolisce la pesca delle perle;
  • la libertà di residenza e la libera proprietà dei beni, fino alla punizione di coloro che saranno violenti o aggressivi verso gli indigeni;
  • l'abolizione del sistema delle encomiendas, consistente nell'affidare a degli encomenderos spagnoli determinati territori abitati con, "in dotazione", un gruppo di indigeni, che dovevano essere colonizzati e cristianizzati, con libertà assoluta di governo.

Le rivolte e l'anarchia che seguirono nelle colonie spagnole del Nuovo Mondo portarono all'abrogazione di queste leggi in favore della conquista indiscriminata.

Stati Uniti d'America

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La prima dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'epoca moderna è quella dello Stato della Virginia (USA), scritta da George Mason e adottata dalla Convenzione della Virginia il 12 giugno 1776. Questa fu largamente copiata da Thomas Jefferson per la dichiarazione dei diritti dell'uomo contenuta nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America (4 luglio 1776) la quale afferma "che tutti gli uomini sono creati uguali tra loro, che essi sono dotati dal loro creatore di alcuni inalienabili diritti tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità".

Comunque sia, la prima e vera propria carta formale dei diritti dell'uomo è nata nel 1789 dalla Rivoluzione francese, è conosciuta come Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino ed è caratterizzata da un'impostazione più astratta della precedente americana, e ispirata alle teorizzazioni di Voltaire, Rousseau e Montesquieu.

«I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerato che l’ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne Dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo. [...] In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i Diritti seguenti dell'Uomo e del Cittadino. [...]
1. Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
2. Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione. [...]
4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri»

Furono poi emanate diverse costituzioni, ma alla proclamazione dei diritti umani seguiranno poi gli aspetti più sanguinosi della rivoluzione. Fu poi Napoleone Bonaparte a esportare il concetto di diritti umani negli altri paesi d'Europa, anche se in realtà negandoli di fatto. Pertanto, una vera e propria diffusione degli stessi si ebbe solo dopo i moti del 1848 e la conseguente proclamazione delle prime costituzioni liberali nei vari paesi europei.

Estensione universale

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Nel corso del XX secolo in Europa occidentale e in America settentrionale molti gruppi e movimenti riuscirono a ottenere profondi cambiamenti sociali in nome dei diritti umani, creando un rapido miglioramento delle condizioni di vita dei popoli cosiddetti occidentali. I sindacati dei lavoratori lottarono per il riconoscimento del diritto di sciopero, per garantire condizioni dignitose di lavoro e per proibire o limitare il lavoro minorile. Il movimento per i diritti delle donne guadagnò il suffragio universale esteso alle donne. All'indomani della prima guerra mondiale fu messo in piedi un sistema di protezione delle Minoranze nazionali di razza, di lingua e di religione, grazie al quale molti gruppi lungamente oppressi riuscirono ad ottenere diritti civili e politici.

Nello stesso periodo i movimenti di liberazione nazionale poterono affrancare le nazioni colonizzate dal giogo delle potenze coloniali. Importantissimo in tema di diritti umani fu il movimento non violento del Mahatma Gandhi che portò l'India all'indipendenza dal dominio britannico.

Un'ulteriore grande affermazione dei diritti umani si ebbe dopo la fine della seconda guerra mondiale con la costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e con la redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani, siglata a Parigi il 10 dicembre 1948. Con questa Carta si stabiliva, per la prima volta nella storia moderna, l'universalità di questi diritti, non più limitati unicamente ai paesi occidentali, ma rivolti ai popoli del mondo intero[10], e basati su un concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile, ed universale. La Dichiarazione riconosce tra le altre cose il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale; al riconoscimento come persona e all'uguaglianza di fronte alla legge; a garanzie specifiche nel processo penale; alla libertà di movimento e di emigrazione; all'asilo; alla nazionalità; alla proprietà; alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; alla libertà di associazione, di opinione e di espressione; alla sicurezza sociale; a lavorare in condizioni giuste e favorevoli e alla libertà sindacale; a un livello adeguato di vita e di educazione.

Da questo momento in poi il posto occupato dall'ONU nel processo di legittimazione e promozione dei diritti dell'uomo è fondamentale. Ma anche gli Stati membri del Consiglio d'Europa hanno fatto un ulteriore passo avanti attraverso una convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore nel 1953. Tra le altre cose, la convenzione stabilisce che il godimento dei diritti da essa garantiti non è soggetto ad alcuna discriminazione fondata su ragioni di razza, lingua, religione, opinione pubblica, origine nazionale o sociale.

Normativa internazionale

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Si tratta di una normativa convenzionale con cui le Nazioni firmatarie hanno scelto di andare oltre la Dichiarazione Universale e creare un corpus di leggi che impegnasse a tutti gli effetti gli Stati alla tutela dei Diritti Umani. Questo ha portato già in sede ONU ad un disaccordo sul se inserire o meno anche norme di natura socio-economica; ne conseguì la preparazione di due trattati differenti. Fu così che, nel 1966 e 1976 rispettivamente, la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali videro la luce. Assieme alla Dichiarazione universale dei diritti umani questi documenti formano l'International bill of rights.

La legislazione sui Diritti Umani si è poi arricchita con altri trattati, geograficamente più delimitati nella platea degli Stati firmatari[11]. Essi solitamente prevedono:

Alcuni di questi diritti hanno assunto il livello di norme consuetudinarie o addirittura di ius cogens. Le stesse Nazioni Unite riconoscono i cosiddetti Diritti Umani non-derogabili: i quattro più importanti sono il diritto alla vita, il diritto alla libertà dalla schiavitù, il diritto alla libertà dalla tortura ed il diritto all'impossibilità della retroattività dell'azione penale[12].

Al di fuori di questi diritti, altri diritti umani possono essere posti sotto limitazione[13] o perfino messi da parte durante situazioni di emergenza nazionale. I Trattati e la giurisprudenza internazionale hanno tuttavia chiarito che questo può avvenire esclusivamente a particolari, ristrettissime condizioni; e cioè, che "l'emergenza debba essere effettiva, debba coinvolgere l'intera popolazione e a venire messa in pericolo debba essere l'esistenza stessa della Nazione. La dichiarazione d'emergenza deve essere posta in essere solo come ultima risorsa, ed adottata come misura temporanea" [1]. Inoltre, la condotta in guerra è sempre e comunque governata dalla Legge Umanitaria Internazionale.

Organismi Internazionali

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La Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici ha creato un'agenzia, il "Comitato per i Diritti Umani" per promuovere l'applicazione delle proprie norme. I diciotto membri dell'organo valutano se una particolare pratica costituisca o meno una violazione dei diritti umani, sebbene le sue relazioni non costituiscano vincolo legale.

Un'interpretazione moderna dell'originale Dichiarazione universale dei diritti umani fu avanzata nella Dichiarazione di Vienna e relativo Programma d'Azione adottata dal Conferenza Mondiale sui Diritti Umani del 1993[14]. Il livello di consenso su queste convenzioni è piuttosto elevato[15]. Le Nazioni Unite hanno posto in essere un numero di organismi istituiti con accordi (chiamati treaty bodies) atti a monitorare e controllare i diritti umani, sotto la direzione dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, a sua volta sotto le Nazioni Unite stesse.

Gli organismi sono comitati di esperti indipendenti che controllano l'attuazione del nucleo del trattato internazionale relativo ai diritti umani. Sono stati creati dallo stesso trattato che devono controllare e tutelare:

  • Il Comitato per i diritti umani (The Human Rights Committee), che promuove la partecipazione e l'adesione ai suoi standard. I diciotto membri del comitato esprimono opinioni sugli Stati membri e danno giudizi su reclami individuali contro Stati che non hanno ratificato il trattato. Le opinioni non sono vincolanti giuridicamente.
  • Il Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali controlla lo ICESCR e rilascia commenti generici sulle operazioni di ratifica dei vari Paesi. di ricevere. Ha il diritto di non ricevere reclami o denunce.
  • Il Comitato sull'Eliminazione della Discriminazione Razziale controlla il CERD e conduce regolari revisioni e controlli sui lavori dei Paesi in questo ambito. Può giudicare su reclami, ma non in maniera vincolante. Rilascia anche raccomandazioni e preoccupazioni per prevenire serie violazioni della Convenzione.
  • Il Comitato sull'Eliminazione della Discriminazione contro le Donne, che monitora il CEDAW. Riceve i dati raccolti dagli Stati sulle loro procedure di ratifica e rilascia commenti al riguardo e può effettuare giudizi su reclami contro gli Stati che hanno aderito nel Protocollo Opzionale del 1999
  • Il Comitato contro la Tortura controlla il CAT e riceve dati e risultati dagli Stati sulle loro prestazioni ogni quattro anni rilasciando commenti. Ha poteri ispettivi nei confronti dei vari Paesi, purché abbiano espresso il loro consenso al riguardo.
  • Il Comitato sui Diritti del Fanciullo controlla il CRC e fa commenti sui dati forniti dagli Stati ogni 5 anni. Non ha potere di ricevere reclami.
  • Il Comitato sui Lavoratori Migranti, stabilito nel 2004 e controlla lo ICRMW facendo anche in questo caso commenti ogni cinque anni. Non ha potere di ricevere reclami di violazioni da parte degli Stati, ma è previsto in futuro possa essere possibile col consenso di 10 Stati membri.

Legislazione Regionale

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Numerosi sono gli accordi a livello regionale di tutela dei diritti umani, come, per esempio, la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani delle Nazioni Islamiche (o Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo, 1999), la Carta araba dei diritti dell'uomo (1994), la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli (o Carta di Banjul: 1981, in vigore dal 1986), la Convenzione americana dei diritti dell'uomo (1969), la Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell'uomo (1948), la Carta dei diritti dell'uomo e dei popoli asiatica (1998).

La più antica ad aver incardinato una Corte di diritti è la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (o CEDU, 1950): la Corte Europea per i Diritti Umani è l'unica corte internazionale con competenza a giudicare su casi di violazioni condotte da individui (piuttosto che da Stati). Hanno seguito la stessa strada: la Commissione Africana sui Diritti Umani e dei Popoli; la Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani; la Corte Inter-Americana sui Diritti Umani.

Il Centro Alti Studi dei Diritti Fondamentali dell'Uomo e della Moda Etica di African Fashion Gate, associazione di promozione sociale che ha sedi in Europa, Africa e Stati Uniti, è un laboratorio permanente di iniziative culturali e interventi concreti contro i fenomeni di razzismo, discriminazione ed esclusione nel mondo della moda, da alcuni anni organizza a Bruxelles, nella sede del Parlamento Europeo e sotto il suo Alto Patronato, il Congresso Mondiale della Moda e del Design, un momento di confronto e approfondimento sul tema delle discriminazioni nel mondo della moda, delle arti, dello spettacolo e dello sport. L'appuntamento è diventato anche l'occasione per conferire un riconoscimento pubblico a figure autorevoli che si siano distinte per l'impegno verso l'inclusione e contro la discriminazione e il razzismo denominato Premio la Moda Veste la Pace[16]

Al tema dei diritti umani sono dedicati anche dei Festival, come Human Rights Nights di Forlì o il Festival Diritti Umani di Lugano.

  1. ^ Aristotele, Le tre etiche, a cura di Arianna Fermani, Milano, Bompiani, 2008, p. 659
  2. ^ Jeremy Waldron (Editor), Nonsense Upon Stilts: Bentham, Burke and Marx on the Rights of Man, 0416918905 Methuen Publishing, 1987.
  3. ^ Esso è ora sancito con fermezza nel diritto internazionale e recepito tra i diritti sociali delle Costituzioni più moderne: Marco Aurélio Serau Junior, José Ricardo Caetano Costa (eds.), Assistance Benefits in Brazil: Changes and Challenges to the Exercise of a Constitutional Right, Dordrecht, Springer, 2016 ISBN 978-3-319-27044-9.
  4. ^ Imprese e Diritti Umani: pubblicato il rapporto UN Guiding Principles at 10 - Taking stock of the first decade
  5. ^ Ruggie process - Documenti
  6. ^ Dopo quello che il Re di Ur creò, come primo codice legale, all'incirca nell'anno 2050 a.C.
  7. ^ Gian Piero Basello, Il Cilindro di Ciro tradotto dal testo babilonese, in Ricerche storico bibliche, vol. 1, gennaio-giugno 2013, pp. 249-259.
  8. ^ Trad. di Carlo Formichi in "Apologia del Buddhismo", Modena, Formiggini, 1923
  9. ^ cfr. scritti di Hans-Georg Möller, Brock University, Canada.
  10. ^ Geneviève Médevielle, La difficile question de l'universalité des droits de l'homme, Transversalités, 2008/3 (Nº 107).
  11. ^ Salvatore Zappalà, La tutela internazionale dei diritti, Bologna, Il Mulino, 2011.
  12. ^ Per l'enunciazione fattane nella CEDU, v. Paolo Ridola, "La dignità dell’uomo e il principio libertà nella cultura costituzionale europea", in Diritto comparato e diritto costituzionale europeo, Torino, Giappichelli, 2010.
  13. ^ Erika De Wet, Jure Vidmar, Hierarchy in International Law: The Place of Human Rights, New York, Oxford University Press, 2012 ISBN 9780199647071.
  14. ^ Per la Vienna Declaration and Programme of Action v. Vienna Declaration and Programme of Action, su ohchr.org.
  15. ^ Il grado di unanimità si calcola sia al momento del voto nella conferenza diplomatica, sia successivamente su quanti e quali siano i Paesi che le ratificano: alla stessa stregua varia il grado di rispetto all'interno delle stesse Nazioni.
  16. ^ A Giorgio Armani il premio La moda veste la pace
  • Jack Donnelly, Universal Human Rights in Theory and Practice, Ithaca, Cornell University Press, 2013.
  • Marcello Flores, Storia dei diritti umani, Bologna, Il Mulino, 2008.
  • Gerhard Oestreich, Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, Bari, Laterza, 2001.

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